Orti biologici presso piccoli produttori |
Un confronto
tra l’ultima proposta di legge al Parlamento europeo sulla produzione e
commercio di sementi e la proposta dell’associazione ambientalista Navdanya
International nota come “La legge del seme”.
La domanda, “quali semi produrranno ciò che mangiamo?”, sorge spontanea, visto quanto segue:
- all’origine di quasi tutto quello che finisce nei nostri piatti ci sono dei semi o delle piante da riproduzione;
- le leggi in materia sono in continuo cambiamento, data la rapidità in cui le nuove tecnologie modificano la produzione agroalimentare;
- il settore alimentare è talmente complesso che non è più possibile essere consumatori ignari di ciò che avviene a livello di produzione delle materie prime.
Cosa dice
l’attuale legislazione europea e quali potrebbero essere i suoi sviluppi
futuri? Quali sono le posizioni di movimenti e associazioni (di produttori, ma
non solo) che a quella si oppongono?
1. Cosa dice
la proposta di legge 6- maggio 2013 – “Plant Reproductive Material Law“
A partire dagli anni ’60 e contemporaneamente
all’avvento/intervento del settore industriale di nuove tecniche produttive
che sostanzialmente hanno puntato ad un aumento della resa delle colture, sono
state introdotte delle normative atte a regolamentare il controllo e la messa a
disposizione dei semi sul mercato. Qualche decennio fa si usava il termine
“sementi”; oggi si parla di “materiale riproduttivo vegetale”. Con questa
espressione si indicano le piante o le parti di piante che possono produrre e
riprodurre altre piante; quindi ogni tipo di vegetale commestibile, sia per
l’uomo che per gli animali (mangimi), e non commestibile (vegetazione forestale
ed ornamentale). Sintetizzando le normative che riguardano tutti i semi in
commercio all’interno della Comunità Europea, sappiamo che attualmente:
- alcuni semi sono brevettati, ossia protetti da proprietà intellettuale, in base agli Accordi sui Diritti di Proprietà Intellettale (TRIPS, Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights);
- alcuni semi sono brevettati, ossia protetti da proprietà intellettuale, in base agli Accordi sui Diritti di Proprietà Intellettale (TRIPS, Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights);
- i
semi per la riproduzione devono essere registrati e possedere una
certificazione per poter essere venduti;
- i semi per la riproduzione possono essere messi in commercio se possiedono caratteristiche strettamente definite, sia che provengano da selezione industriale, sia che derivino da selezione naturale.
- i semi per la riproduzione possono essere messi in commercio se possiedono caratteristiche strettamente definite, sia che provengano da selezione industriale, sia che derivino da selezione naturale.
Vediamo cosa
significa
Secondo la corrente legislazione e come ribadito dall’ultima suddetta proposta
di legge (proposta che vuole aggiornare la normativa relativa alla produzione e
messa a disposizione sul mercato di materiale riproduttivo vegetale, cioè dei
semi, riunificando in un unica legge 12 direttive relative ognuna a un settore
diverso dell’agroalimentare), se un produttore vuole vendere (“mettere a
disposizione sul mercato”) dei semi, questi semi devono essere iscritti
in un registro nazionale o nel registro dell’Unione Europea e ogni lotto di
semi o materiale vegetale deve essere classificato per rientrare in una tipologia
(art. 10-14 delle Disposizioni generali). Le tipologie sono 5 ( nota 1).
Per classificare i semi il produttore dovrà seguire procedure e norme che riguardano : le fasi di produzione del materiale vegetale, le fasi di analisi e controllo che ne attestano le caratteristiche, il suo imballaggio per essere trasportato, l’etichettatura da apporre.
Una volta classificato, il materiale dovrà essere registrato, a condizione che soddisfi 3 requisiti: Distinguibilità, Omogeneità e Stabilità (il criterio DOS).
Distinguibilità significa che può essere distinto chiaramente da altre varietà mediante le caratteristiche del suo genotipo o combinazione di genotipi; l’omogeneità implica l’espressione riconoscibile di queste caratteristiche a livello dei singoli semi o piante; la stabilità prevede che tali caratteristiche non mutino a distanza di ripetute riproduzioni. Cioè la varietà di semi prodotta deve generare piante perfettamente uguali tra loro e che si mantengano tali nel tempo.
Fin qui tutto bene per grandi produttori e multinazionali che commerciano varietà di semiuniversalmente riconosciute e registrate, di larghissima diffusione e i quali possono sostenere tutte le spese per ognuna delle fasi di produzione e certificazione sopra elencate.
Cosa succede invece se parliamo di sementi di interesse commerciale minore o scarso, il cosiddetto “materiale destinato ad un mercato di nicchia“, che riguarda i piccoli produttori? La proposta di legge dice che si può evitare l’iscrizione delle varietà ecomunque farne commercio nel caso di un’attività con numero di dipendenti inferiore a 10 e fatturato annuo non superiore a 2 milioni di Euro. Altrimenti, si dovranno comunque iscrivere i semi in un registro nazionale, così che essi abbiano una “descrizione ufficialmente riconosciuta” (art. 36) e venderli solo nelle stesse zone di origine dove sono stati prodotti. In sostanza il regolamento ostacola fortemente i piccoli produttori, il mantenimento delle varietà vegetali minori e la circolazione dei semi.
Per classificare i semi il produttore dovrà seguire procedure e norme che riguardano : le fasi di produzione del materiale vegetale, le fasi di analisi e controllo che ne attestano le caratteristiche, il suo imballaggio per essere trasportato, l’etichettatura da apporre.
Una volta classificato, il materiale dovrà essere registrato, a condizione che soddisfi 3 requisiti: Distinguibilità, Omogeneità e Stabilità (il criterio DOS).
Distinguibilità significa che può essere distinto chiaramente da altre varietà mediante le caratteristiche del suo genotipo o combinazione di genotipi; l’omogeneità implica l’espressione riconoscibile di queste caratteristiche a livello dei singoli semi o piante; la stabilità prevede che tali caratteristiche non mutino a distanza di ripetute riproduzioni. Cioè la varietà di semi prodotta deve generare piante perfettamente uguali tra loro e che si mantengano tali nel tempo.
Fin qui tutto bene per grandi produttori e multinazionali che commerciano varietà di semiuniversalmente riconosciute e registrate, di larghissima diffusione e i quali possono sostenere tutte le spese per ognuna delle fasi di produzione e certificazione sopra elencate.
Cosa succede invece se parliamo di sementi di interesse commerciale minore o scarso, il cosiddetto “materiale destinato ad un mercato di nicchia“, che riguarda i piccoli produttori? La proposta di legge dice che si può evitare l’iscrizione delle varietà ecomunque farne commercio nel caso di un’attività con numero di dipendenti inferiore a 10 e fatturato annuo non superiore a 2 milioni di Euro. Altrimenti, si dovranno comunque iscrivere i semi in un registro nazionale, così che essi abbiano una “descrizione ufficialmente riconosciuta” (art. 36) e venderli solo nelle stesse zone di origine dove sono stati prodotti. In sostanza il regolamento ostacola fortemente i piccoli produttori, il mantenimento delle varietà vegetali minori e la circolazione dei semi.
Nota 1
-”materiale prebase”: il materiale riproduttivo vegetale nella prima fase di produzione
e destinato alla produzione di altre categorie di materiale riproduttivo vegetale;
- “materiale di base”: il materiale riproduttivo vegetale ottenuto da materiale prebase e
destinato alla produzione di materiale certificato;
- “materiale certificato”: il materiale riproduttivo vegetale ottenuto da materiale
prebase o di base;
- “materiale standard”: il materiale riproduttivo vegetale diverso dal materiale prebase,
di base o certificato;
- “categoria”: materiale prebase, di base, certificato o standard.
-”materiale prebase”: il materiale riproduttivo vegetale nella prima fase di produzione
e destinato alla produzione di altre categorie di materiale riproduttivo vegetale;
- “materiale di base”: il materiale riproduttivo vegetale ottenuto da materiale prebase e
destinato alla produzione di materiale certificato;
- “materiale certificato”: il materiale riproduttivo vegetale ottenuto da materiale
prebase o di base;
- “materiale standard”: il materiale riproduttivo vegetale diverso dal materiale prebase,
di base o certificato;
- “categoria”: materiale prebase, di base, certificato o standard.
2. Cosa dice
il settore dell’agricoltura biologica e degli ecologisti
A titolo
esemplificativo possiamo far riferimento principalmente alla posizione dell’ecologista
e attivista Vandana Shiva e all’associazione Navdanya International da lei fondata, poiché le sue idee sono
note a livello mondiale e condivise da numerose associazioni di produttori del
settore agroalimentare.
Vandana Shiva durante un'intervista a Roma, ottobre 2013 |
“Navdanya
International” nasce proprio in risposta alla crescente influenza delle multinazionali
nella produzione e gestione delle sementi alimentari. A proposito della
trasformazione globale che a partire dalla fine della seconda guerra mondiale
ha trasformato l’agricoltura mondiale, la cosiddetta “Rivoluzione verde”, la
posizione dell’associazione è molto netta:
“La rivoluzione verde si basava sulla meccanicizzazione e l’introduzione di cultivar uniformi, in grado di produrre elevati rendimenti e buone performance in molti luoghi e paesi diversi, attraverso la modificazione dell’ambiente con input agronomici come irrigazione, fertilizzanti, pesticidi, invece di adattare le varietà ad ambienti e siti specifici; questa strategia ha causato molti problemi legati all’impatto del pesante uso sostanze chimiche sull’ambiente, trascurando gli agricoltori più poveri, non in grado di acquistare i prodotti chimici necessari per le prestazioni desiderate delle nuove varietà, e ignorando la biodiversità agricola.” (AA. VV.”La legge del seme”).
“La rivoluzione verde si basava sulla meccanicizzazione e l’introduzione di cultivar uniformi, in grado di produrre elevati rendimenti e buone performance in molti luoghi e paesi diversi, attraverso la modificazione dell’ambiente con input agronomici come irrigazione, fertilizzanti, pesticidi, invece di adattare le varietà ad ambienti e siti specifici; questa strategia ha causato molti problemi legati all’impatto del pesante uso sostanze chimiche sull’ambiente, trascurando gli agricoltori più poveri, non in grado di acquistare i prodotti chimici necessari per le prestazioni desiderate delle nuove varietà, e ignorando la biodiversità agricola.” (AA. VV.”La legge del seme”).
Scrive l‘AIAB- Associazione Italiana
Agricoltura Biologica
“Da circa 50 anni l’industria delle sementi ha cominciato a standardizzare le sementi per adattarsi a concimi chimici e pesticidi nel corso del processo di modernizzazione industrialistica dell’agricoltura. Realtà rurali non risucchiate (interamente o parzialmente) da questo schema, hanno mantenuto una ricca biodiversità di interesse agrario, inclusa la varietà intraspecifica di piante coltivate, adatte a climi, variabilità di suoli, di culture alimentari e diete.”
“Da circa 50 anni l’industria delle sementi ha cominciato a standardizzare le sementi per adattarsi a concimi chimici e pesticidi nel corso del processo di modernizzazione industrialistica dell’agricoltura. Realtà rurali non risucchiate (interamente o parzialmente) da questo schema, hanno mantenuto una ricca biodiversità di interesse agrario, inclusa la varietà intraspecifica di piante coltivate, adatte a climi, variabilità di suoli, di culture alimentari e diete.”
3.La legge
del seme
Alcuni agronomi, genetisti, avvocati e ricercatori che sostengono Navdanya International hanno redatto un documento noto come “Legge del seme” , che riassume le critiche e le possibili alternative al sistema agroalimentare vigente.
La legge del seme di Navdanya si oppone ai tre aspetti alla base del mercato sementiero:
-i brevetti intellettuali sui semi
-i diritti delle selezioni industriali
-le leggi sulle sementi come la suddetta proposta di legge 6-5-2013, in cui si ribadiscono i criteri di DOS ( Distinguibilità, Stabilità, Omogeneità) che regolano le leggi per commerciare i semi.
I brevetti intellettuali si fondano sul presupposto che una variazione genetica sia un’invenzione; dunque una varietà di seme può considerarsi tale e divenire di proprietà della società che l’ha introdotta.
Le leggi di selezione industriale hanno fatto sì che la ricerca sulle varietà si sia spostata “(…)dai campi degli agricoltori ai centri di ricerca, dagli agricoltori agli scienziati, da operazioni finanziate pubblicamente a operazioni finanziate privatamente (…), con la conseguenza di escludere i principali attori del processo, coloro che si occupano della terra, e con essi un numero cospicuo di varietà vegetali.”
I requisiti indispensabili stabiliti per legge per immettere sul mercato le varietà di semi privilegiano varietà uniformi e senza diversità intervarietale. Si stima che più del 90% delle varietà disponibili all’inizio del secolo scorso sia andato perduto, per quanto riguarda le colture principali per l’alimentazione dell’uomo.
Questi tre aspetti hanno prodotto:
Alcuni agronomi, genetisti, avvocati e ricercatori che sostengono Navdanya International hanno redatto un documento noto come “Legge del seme” , che riassume le critiche e le possibili alternative al sistema agroalimentare vigente.
La legge del seme di Navdanya si oppone ai tre aspetti alla base del mercato sementiero:
-i brevetti intellettuali sui semi
-i diritti delle selezioni industriali
-le leggi sulle sementi come la suddetta proposta di legge 6-5-2013, in cui si ribadiscono i criteri di DOS ( Distinguibilità, Stabilità, Omogeneità) che regolano le leggi per commerciare i semi.
I brevetti intellettuali si fondano sul presupposto che una variazione genetica sia un’invenzione; dunque una varietà di seme può considerarsi tale e divenire di proprietà della società che l’ha introdotta.
Le leggi di selezione industriale hanno fatto sì che la ricerca sulle varietà si sia spostata “(…)dai campi degli agricoltori ai centri di ricerca, dagli agricoltori agli scienziati, da operazioni finanziate pubblicamente a operazioni finanziate privatamente (…), con la conseguenza di escludere i principali attori del processo, coloro che si occupano della terra, e con essi un numero cospicuo di varietà vegetali.”
I requisiti indispensabili stabiliti per legge per immettere sul mercato le varietà di semi privilegiano varietà uniformi e senza diversità intervarietale. Si stima che più del 90% delle varietà disponibili all’inizio del secolo scorso sia andato perduto, per quanto riguarda le colture principali per l’alimentazione dell’uomo.
Questi tre aspetti hanno prodotto:
- perdita di biodiversità, che provvede ad un ritmo allarmante: solamente 12 specie vegetali e 5 specie animali forniscono oggi il 70 % del cibo consumato dall’uomo
- mancanza non di cibo, ma di accesso ad esso, poiché il cibo è sempre meno prodotto in loco
- colture estremamente vulnerabili ai cambiamenti climatici e ambientali, da cui un’elevata instabilità nella produzione alimentare
- consolidamento dei monopoli dei privati
Cosa propone
la Legge del seme
- La biodiversità agricola va protetta e arricchita;
- Le risorse per l’alimentazione e l’agricoltura devono essere considerate Beni Comuni;
- La selezione e conservazione delle risolse fitogenetiche deve essere libera e in loco(nelle aziende agricole, presso gli agricoltori stessi);
- Il programma di selezione partecipata dagli agricoltori dovrà produrre varietà rispondenti ai reali bisogni degli utenti;
- Deve essere tutelato il diritto allo scambio e l’immissione sul mercato di qualunque varietà di seme, a tutela dei diritti degli agricoltori;
- Tutti i processi di selezione vegetale delle piante non trangeniche (selezione vegetale convenzionale) devono essere esclusi dalla brevettabilità.
- Tutela delle conoscenze tradizionali messe a rischio dall’appropriazione indebita dei brevetti.
Conclusioni
Se assumiamo che la proposta di legge 6-5-2013 è esemplificativa della strada imboccata a livello giuridico e commerciale dall’agricoltura in toto e La legge del seme di Navdanya in risposta a quella rappresenta il sentire comune di quanti sono a favore di un’agricoltura ecosostenibile, rimangono per me alcune domande.
Dando per assodato che sono valori: la bio e agrodiversità; la sussistenza e sviluppo delle realtà agricole, piccole o grandi che siano; la tutela della salute e sopravvivenza di tutti gli esseri viventi e perciò l’accesso al cibo; la tutela dell’ambiente;
mi chiedo:
Se assumiamo che la proposta di legge 6-5-2013 è esemplificativa della strada imboccata a livello giuridico e commerciale dall’agricoltura in toto e La legge del seme di Navdanya in risposta a quella rappresenta il sentire comune di quanti sono a favore di un’agricoltura ecosostenibile, rimangono per me alcune domande.
Dando per assodato che sono valori: la bio e agrodiversità; la sussistenza e sviluppo delle realtà agricole, piccole o grandi che siano; la tutela della salute e sopravvivenza di tutti gli esseri viventi e perciò l’accesso al cibo; la tutela dell’ambiente;
mi chiedo:
- I semi per la produzione di alimenti per l’uomo e gli animali non dovrebbero essere considerati un bene, ma un diritto inalienabile, con tutto ciò che ne conseguirebbe a livello giuridico? Dire che il cibo è un bene significa farne una merce, oggetto di commercio. Completamente diverso, invece, è sottolineare il fatto che sia un diritto, alla stregua dell’acqua e dell’aria, dal momento che la sua mancanza determina l’estinzione della specie.
- Tutelare le innumerevoli realtà agricole locali di tutto il pianeta non è un valore in sè, a prescindere se da ciò consegue lo sviluppo e mantenimento della biodiversità? Cioè i due aspetti sono la stessa cosa in fondo, non credo che il primo sia funzionale al secondo, poiché altrimenti è una strumentalizzazione.
- Non sarebbe più corretto, da parte di associazioni come Navdanya International, sostenere di battersi per i diritti di categorie da sempre sfruttate? Cioè dire di sostenere un nuovo modello di agricoltura (ecologico, per l’ambiente, per la biodiversità) non significa dire che si vuole difendere e proteggere l’uomo laddove esso è costretto alla resa?
- Buone feste,anche sulla mia pagina facebook
Trovo molto interessante questo tuo post, non sono in grado di dare risposte alle tue domande ma mi auguro che questa biodiversità venga tutelata, che si salvaguardino sia ambiente che colture che popoli... È utopia forse ma continuo a sperare. Un abbraccio e buon Natale
RispondiEliminaDavvero interessante questo articolo, avevo già sentito parlare di questo argomento su Report rai 3 ma senza capirci granché! Ora me lo leggo con calma e vedo di approfondire un po'! Grazie
RispondiEliminaGrazie per condividere questo interesse. La conoscenza é un punto di partenza. :-)))
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